Un fatto scolastico ha scatenato molte interrogazioni in questi ultimi giorni. Mi riferisco al metodo scelto da un insegnante per interrogare un’allieva a distanza, chiedendole di bendarsi gli occhi per evitare di copiare.
L’idea di usare questo fatto come pretesto per aprire le porte ad ogni forma di critica o di odio contro gli insegnanti o la scuola in generale non è costruttivo. Non si conoscono le dinamiche della classe, il tipo di relazione fra la docente e i suoi allievi, quindi la scena va rimessa nel suo contesto, del quale, appunto, non siamo a conoscenza.
Tutti i docenti vi diranno che le interrogazioni online sono molto difficoltose. Chi può vietare ad un adolescente di tenere il quaderno sulle ginocchia, gli appunti della lezione in un’altra finestra del PC o un cellulare vicino con un “benefattore” che gli invia le risposte? Nessuno. I docenti assistono dunque “impotenti” agli orali perfetti dei loro studenti, con tanto di date, numeri e parole tecniche, mentre i loro sguardi fanno movimenti strani verso l’alto, il basso, a destra o a sinistra. Il tono monocorde della loro voce ricorda spesso quello del lettore che legge un riassunto senza il minimo interesse o peggio, senza capirne il senso. La buona fede dello studente non è poi attaccabile quindi il docente si sente ancora più sminuito e avvilito dalla Didattica a Distanza.
A questo punto, una domanda sorge spontanea: a scuola, e soprattutto adesso con la DAD, è corretto valutare gli alunni e le loro conoscenze in base alla capacità mnemonica, oppure sarebbe opportuno verificare la loro capacità di ragionamento?
Abbiamo già gli strumenti per valutare i ragazzi a 360°: impegno, presenza, partecipazione attiva. La restituzione dei contenuti può variare, soprattutto online grazie a diversi strumenti: quiz a tempo, classe rovesciata, problemi concreti da risolvere attraverso le conoscenze acquisite.
E chi ha detto che la valutazione debba essere fatta una volta ogni 2 mesi? Perché non potrebbe essere continua e basata su diverse competenze? Forse sarebbe meno stressante per tutti.
Ultima domanda infine: la memoria come va allenata e usata? A scuola, questo, viene insegnato attraverso dei comportamenti base: ascoltare bene in classe, avere appunti a cui riferirsi, leggere gli appunti ad alta voce la sera dopo la lezione, fare schemi e ripetere, rileggere veloce prima di tornare in classe.
Su come insegnare ad utilizzarla, invece, pare che ci siano ancora delle lacune o, quantomeno, dei punti poco chiari: il cambiamento che stiamo vivendo con la globalizzazione e l’immediatezza delle informazioni e/o conoscenze di questi ultimi 10 anni, assieme alla DAD attuale, sembra non sia ancora riuscito a modificare il classico metodo di apprendimento, costituito da lezione magistrale libro-centrata e restituzione mnemonica.
E se fosse arrivato il momento di insegnare anche a ragionare? Lasciando addirittura agli alunni usare i loro schemi sotto gli occhi? Quale competenza gli sarà più utile domani: imparare a copiare per evitare di memorizzare capitoli interi di contenuti o imparare a ragionare sui contenuti a disposizione?
Non dobbiamo preoccuparci di non allenare abbastanza la mente dei ragazzi: basta sentirli cantare canzoni di tutti tipi (anche rap, esercizio assolutamente impossibile per gli over 35) o ripetere nomi incomprensibili di prodotti, persone, youtuber da noi sconosciuti per capire che non hanno perso le loro facoltà mentali.
Quello che dovrebbe interessarci, invece, è come insegnare ai nostri studenti la capacità di ragionare e creare collegamenti in base alle nozioni che hanno a disposizione, questa secondo me è la vera sfida della Scuola del domani.
Dott.ssa Ségolène Bruno
Headmaster Liceo Internazionale Quadriennale